Regia: Chad Stahelski
Cast: Keanu Reeves, Donnie Yen, Bill Skarsgård, Laurence Fishburne, Hiroyuki Sanada, Shamier Anderson, Lance Reddick, Rina Sawayama, Scott Adkins, Ian McShane, Marko Zaror, Natalia Tena, Aimée Kwan, Clancy Brown, George Georgiou, Brahim Achabbakhe, Jackey Mishra
Genere: Azione
Durata: 2h 49m
Cinema Garibaldi di Piazza Armerina
Dal 30 Marzo al 5 aprile (martedì 4 escluso)
1° SPETTACOLO 19:00
2° SPETTACOLO 21:30
Trama: John Wick è tornato. Rinfrancato nel corpo e in quel che resta dello spirito, il leggendario-killer dal leggendario-soprannome Baba Yaga ha vissuto sotto protezione nel regno del Re della Bowery, in attesa di avere la sua vendetta. E l’occasione è arrivata: la Gran Tavola, all’unanimità, ha dato pieni poteri al Marchese de Gramont per riportare l’ordine nelle sue enclave, e questi come primo atto ha stabilito la destituzione di Winston e l’abbattimento del Continental. Inizia così l’ultimo periplo di Wick, lungo il quale incontrerà vecchi e nuovi nomi, come l’assassino cieco Caine, la Ruska Roma, Shimizu il direttore del Continental di Osaka, il Reggente e altri più o meno letali amici-nemici. E dopo aver perso la moglie, il cane e la macchina, il finale non può che essere uno…
Forse ci sarà un quinto capitolo, forse no, dipende dalle gambe di Keanu Revees, l’occhio di Chad Stahelski e la fede della leggenda di Baba Yaga.
Il Vangelo di Proiettili & Coltelli di John Wick è alle ultime pagine. Un vangelo apocrifo, collocato in qualche scaffale senza numerazione in un’anonima biblioteca del folklore di città, solcato da note e cenni su Giudicatrici, Messaggeri, Cacciatori, e poi Regole, Ordine, Conseguenze. È intinta nel sangue delle sue nemesi e nel tormento dei suoi lutti la parabola del nostro Baba Yaga, che non vive dentro una casa che poggia su due zampe di gallina ma in una Grande Mela.
Eppure è un formidabile talismano, questo John Wick, come tante delle monete e dei medaglioni che si barattano in tutti e quattro i film: cos’è, infatti, il primo capitolo della saga, se non un rialzarsi dopo essere caduti, di nuovo e di nuovo ancora, come fa proprio Wick dopo ogni mattanza? È stato così per il suo interprete, Keanu Reeves, all’epoca impantanato in progetti di seconda fascia; ed è stato così per Derek Kolstad (sceneggiatore), che non riusciva a piazzare i copioni che voleva, Basil Iwanyk (produttore), alla sua prima esperienza come indipendente, Chad Stahelski e David Leitch (registi, con solo il primo accreditato), debuttanti dietro la macchina da presa dopo anni come double e stunt coordinator.
Quasi bloccato per mancanza di fondi a due settimane dall’inizio delle riprese, senza il budget necessario per reshoot e ulteriori camere, rattoppato in sala di montaggio da Elísabet Ronaldsdóttir, il primo John Wick ha dato vita ad un franchise con altri tre capitoli, quasi 600 milioni di dollari di incassi globali e due spin-off in arrivo (Ballerina in sala e The Continental in tv). Puro Vangelo.
Il capostipite fissava il canone visivo e narrativo del mondo della Gran Tavola; John Wick – Capitolo 2 ne esplorava coordinate e dettami; John Wick 3 – Parabellum cancellava ogni indicazione data dagli atlanti precedenti. Questo John Wick 4, in un modo manifesto, perfino sincero, prende sulle sue spalle tutto quello che è stato prima per srotolarlo, giudicarlo e sancirlo una volta per tutte. E lo fa tornando alle sue radici, agli albori della sua storia, quasi riscrivendo intere parti del terzo capitolo, quello forse meno riuscito della saga con le dubbiose involuzioni di trama sul Reggente e la Setta degli Assassini, le piroette di Winston e una generale indecisione su che strada lastricata di corpi far prendere al killer più efficiente della storia e del folklore. Così i miti delle cronache di Wick tornano ad essere semplici, diretti, una moneta vale una moneta e lo stesso Baba Yaga riabbraccia la sua tribù di appartenenza.
Questo viaggio orfico verso la morte – da donare e da ricevere – ci porta nell’Estremo Oriente dove sembrano nascere molti degli obliqui precetti incrostati di etica che muovono il mondo di Wick e nel Vecchio Continente, scranno di quei poteri secolari che siedono alla Gran Tavola. È tutto in funzione di quelle Regole, di quell’Ordine e delle Conseguenze che ne seguono l’epilogo di John Wick 4, e se il Marchese de Gramont ne incarna la volontà di sovversione, si tratta soltanto di una gattopardesca restaurazione dell’Ancien Régime sotto una nuova e più contemporanea maschera, contro la quale non può che scagliarsi l’eccezionalità del Nuovo Mondo – newyorchese, naturalmente -, con in rappresentanza quel John Wick/Jardani Jovanovich della Ruska Roma, un immigrato che già nel cuore dell’Europa assieme ai suoi fratelli rom rifiutava di schierarsi, sedere e sottostare.
E se finale deve essere, e tra Vecchio e Nuovo Mondo, allora che sia un duello, western e da gentiluomini assieme. Wick torna quello che era nel principio (il primo script del primo film teorizzava un killer anziano alla Clint Eastwood o alla Paul Newman), con un’alba, una pistola e un amico da uccidere o da cui essere uccisi. Non c’è via di fuga, solo una direzione possibile. E Stahelski la imbocca, abbracciando la sceneggiatura di Shay Hatten e Michael Finch, rendendo tutto non esagerato ma ambizioso, non più grande ma epico. Le lunghe e logoranti sequenze action senza uno stacco né una pausa raggiungono il puro post-realismo, non si rinuncia a niente, si mostra tutto a partire dagli stunt e dalle loro evoluzioni. Ogni cosa viene dopo il disegno grafico dei corpi e delle armi, perché non è John Wick con i suoi massacri ad essere immerso nel mondo, è il contrario – così si spiega, no, si vede, si sente, si esperisce la sequenza senza pari attorno all’Arc de Triomphe parigino.
E vista l’immersione di fede nel mito, nel western, nel romanticismo, allora ecco quello che è forse il primo piano sequenza iper-stilizzato fino all’astrazione della saga, tutto girato dall’alto con un crane, dentro un edificio, con una selva di corpi indistinti ricacciati e ributtati da Wick. Poi tutto si asciuga, c’è un’alba, una pistola e un amico da uccidere o da cui essere uccisi. E Baba Yaga torna ad essere leggenda.