COMANDANTE

Regista: Edoardo De Angelis

Cast: Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh, Arturo Muselli, Silvia D’Amico, Giuseppe Brunetti, Gianluca Di Gennaro, Pietro Angelini, Johannes Wirix, Lucas Tavernier, Mario Russo (II), Giustiniano Alpi, Giorgio Cantarini, Tim Daish, Arianna di Claudio, Luca Chikovani, Giulio Greco, Giuseppe Lo Piccolo, Olivier Langhendries, Alessandro Bandini, Giacomo Bottoni, Francesco Cancellotti, Cecilia Bertozzi, Andrea Ferrara

Genere: Drammatico

Durata: 120 minuti

Cinema Garibaldi di Piazza Armerina

DAL 24 AL 29 NOVEMBRE

1° SPETTACOLO alle ore 19:00

2° SPETTACOLO alle ore 21:30

Trama:

1940, Seconda Guerra Mondiale. Salvatore Todaro è un comandante della Marina Militare con un destino inscritto nel nome, a capo del sommergibile Cappellini nonostante un incidente gli abbia provocato forti dolori alla schiena che lo autorizzerebbero ad accettare la pensione di invalidità (come la moglie Rina, stanca di saperlo lontano e in pericolo, vorrebbe che facesse). Ma il comandante Todaro non sa stare lontano dai flutti. Durante la sua ennesima missione avvista una nave belga che, malgrado il Belgio sia formalmente neutrale, attacca il sommergibile italiano. Il comandante e la sua squadra rispondono al fuoco e affondano la nave. Ma Todaro decide di mettere in salvo i naufraghi, agganciandoli al suo sommergibile per trascinarli verso il porto neutrale e sicuro di Santa Maria delle Azzorre, e accettando il rischio di navigare in emersione fino a destinazione: perché la legge del mare per lui conta di più della legge della guerra.

Comandante è un film altamente testosteronico e profondamente patriottico, che lavora a ridefinire (o a riportare alla memoria collettiva) il senso di una virilità consapevole e di un carattere nazionale realmente eroico.

Il racconto che Edoardo De Angelis, regista e cosceneggiatore insieme allo scrittore Sandro Veronesi, fa di questo episodio di storia vera e di questa figura di militare sui generis si pone in controtendenza rispetto ai sovranismi basati sulla prevaricazione, rivendicando il valore del soccorso come fondante dell’identità italiana.

Anche l’accento sulla composizione variegata della sua compagine, riflessa nei tanti accenti regionali dei personaggi, rimanda all’intenzione educativa del libro “Cuore”, che identificava l’unità nazionale in una collettività di provenienze, ognuna con il proprio portato.

De Angelis si butta in questa avventura con sprezzo del pericolo e un pizzico di follia, anche produttiva (una cordata che fa il paio con la ciurma del Cappellini), utilizzando effetti speciali da kolossal d’oltreoceano, ma mantenendo una dimensione artigianale e un senso pittorico tutti italiani.

Pierfrancesco Favino resta saldamente alla guida di una storia a tratti didascalica e altisonante, il cui potenziale “cringe” è a volte notevole, in quest’epoca di cinismi e disillusioni. E naturalmente Comandante è ad alto rischio di vedersi accomunato alla retorica più superficiale intorno al nazionalismo, quando invece è un cavallo di Troia, poiché il messaggio contenuto nella sua confezione da kolossal bellico, e certe dichiarazioni pronte per i meme, si muovono in direzione ostinata e contraria.

La fotografia, del consueto sodale Ferran Paredes Rubio, ricorda U-Boot 96 di Petersen ma anche il Querelle de Brest di Fassbinder, perché Todaro è soggetto a visioni fantasmagoriche che alludono alla sua capacità di ragionare sul lungo termine, non solo sull’emergenza momentanea, come da abitudine contemporanea.

“Non si può mai sapere”, cautela Todaro i suoi uomini, ma lui sa presagire (di qui il soprannome da “stregone”), e agire di conseguenza. C’è anche un incipit che ricorda Allied di Zemeckis, di cui De Angelis mantiene l’equilibrio fra concretezza bellica e realismo magico. Lo spazio angusto del sommergibile impone una recitazione teatrale, ma il confronto con il mare richiede una regia inequivocabilmente cinematografica, e De Angelis gestisce questa alternanza con qualche “transiente aperiodico”.

Comandante racconta il coraggio come il superamento di una paura lecita, l’alternarsi di ognuno di noi fra il desiderio di nascondersi e quello di essere visti, e l’amore per un Paese “meraviglioso e putrido” di cui riconosce le contraddizioni, ma legittima solo la capacità di pietas. Todaro ne emerge come un morituro che conosce il valore della responsabilità personale e “distribuisce equamente i sacrifici”, invitando i suoi uomini a rimanere tali, come fanno i (veri) marinai. Il che in buona parte giustifica una messa in scena sopra le righe e molte declamazioni altisonanti, perché non si può fare una frittata senza rompere le uova, o un film ambientato nella Seconda Guerra Mondiale depurandolo dall’enfasi e dalla magniloquenza di cui quella guerra, come ogni guerra, è (purtroppo) imbevuta.