L’ABBAGLIO

Regista: Roberto Andò

Cast: Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Tommaso Ragno, Giulia Andò, Leonardo Maltese, Clara Ponsot, Pascal Greggory, Giulia Lazzarini, Vincenzo Pirrotta, Aurora Quattrocchi, Filippo Luna, Rosario Lisma, Giovanni Anzaldo, Claudio Collova, Andrea Gherpelli, Daniele Gonciaruk (II)

Genere: Storico

Durata: 131 minuti

Cinema Garibaldi di Piazza Armerina

Dal 17 Gennaio

Giovedì Chiuso

1° SPETTACOLO alle ore 19:00

2° SPETTACOLO alle ore 21:30

Trama:

5 maggio 1860. Giuseppe Garibaldi si prepara a compiere l’impresa dei Mille e affida al colonnello Vincenzo Giordano Orsini l’incarico di reclutare i volontari. Vanno bene un po’ tutti, anche i giovanissimi e gli sprovveduti. Fra questi ultimi ci sono Domenico, un siciliano claudicante specializzato in fuochi d’artificio, e Rosario, un palermitano emigrato al Nord che millanta un titolo nobiliare e un passato all’accademia militare: poco importa che sia un imbroglione e un giocatore d’azzardo con la tendenza a barare perché, data la pericolosità dell’impresa, “anche gli impostori possono esserci utili”.

Il manipolo di uomini provenienti da tutta Italia vuole liberare la Sicilia dai Borbone e unire il Paese, ma alla prima battaglia a Marsala Domenico e Rosario disertano e si imbarcano in un viaggio attraverso la Sicilia, il primo per ritrovare la donna che ha promesso di sposare, il secondo cercando riparo da chi al Nord ha scoperto i suoi trucchi.

L’abbaglio racconta il Risorgimento dalla prospettiva dei combattenti in alto grado ma anche da quella di due malcapitati che non vorrebbero farne parte.

La narrazione segue dunque, da un lato, l’impresa dei Mille nelle sue tappe fondamentali dietro il comando di Garibaldi e di Orsini, affiancato da un giovane tenente idealista e fumantino; dall’altro il peregrinare di Domenico e Rosario attraverso conventi e paesini di campagna. Anche l’accoglienza dei siciliani è divisa; la povera gente si schiera dalla parte dei combattenti, rischiando la vita e fornendo ospitalità e rifugio; i baroni, i preti pavidi e i mafiosi invece si terrebbero volentieri i Borbone, pur di non rischiare di perdere i loro privilegi.

Il film di Roberto Andò, scritto dal regista insieme ad Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, dialoga virtualmente con Noi credevamo di Mario Martone, dove peraltro Toni Servillo, che qui incarna il colonnello Orsini, interpretava Giuseppe Mazzini. In entrambi c’è un gusto un po’ didascalico ma sincero di raccontare una pagina fondamentale del passato italiano, distinguendo fra chi si è messo dalla parte giusta della Storia, pagandone tutte le conseguenze, e chi invece ha preferito mantenersi in campana. Al centro della storia (e della Storia) è anche il popolo siciliano “che si rivela nei silenzi e nelle parole che non dice”, come ricorda Orsini.

A Ficarra e Picone, come già ne La stranezza, tocca fare da sollievo comico, mentre Servillo, Tommaso Ragno (Garibaldi) e Leonardo Maltese (il tenente Ragusin) delineano il percorso drammatico della vicenda che si concluderà nell’abbaglio storico del titolo. Giulia Andò, in un doppio ruolo che non sveliamo, aggiunge gentilezza e ironia ad una vicenda declinata al maschile.

L’impianto è più teatrale che cinematografico, soprattutto nei dialoghi fra Garibaldi e Orsini (che inspiegabilmente hanno una dizione perfetta, a fronte dei tanti accenti regionali in scena), ma Andò gestisce bene l’alternanza fra azioni e momenti di riflessione o di comicità, anche se il mix è meno riuscito che ne La stranezza. Le musiche incalzanti di Michele Braga e Emanuele Bossi aggiungono ritmo (e pathos) alla narrazione.

Il messaggio, come già in Noi credevamo, è che i giovani devono “tenere stretta la speranza di poter cambiare il mondo” anche se i fatti sembrano dire che il mondo, con sciasciano disincanto, non si può cambiare. Ma anche se le istanze possono essere tradite, “chi non spera non vive”, dunque meglio non cedere ad una rassegnazione programmatica.