JOHN WICK 3 – Parabellum

Regia:  Chad Stahelski.

Cast:  Keanu Reeves, Halle Berry, Ian McShane, Asia Kate Dillon, Jerome Flynn, Ruby Rose.

Genere:   Azione, Thriller – USA, 2019

Durata: 130 minuti.

Cinema di Piazza Armerina

dal 24 al 29 Maggio

1° SPETTACOLO ore 19:00 – 2° SPETTACOLO ore 21:30

https://www.youtube.com/watch?v=eifpVV0POfM

Trama:

John Wick, killer infallibile ritiratosi dal “mestiere” ma tornato forzatamente a uccidere, è stato scomunicato dall’Alta Tavola, consesso internazionale di assassini. Sulla sua testa pende una taglia da 15 milioni di dollari, che attira l’attenzione di tutti i peggiori individui in circolazione.

Naturalmente è solo un’impressione, quindi non corrispondente alla realtà, ma la saga di John Wick ha sempre dato la sensazione di essere nata quasi per gioco. Una trovata al bar tra amici, nella fattispecie stuntmen e coreografi action sul set di Matrix, che via via si è trasformato in un soggetto.

Talmente perfetto per un comic book – stilizzato, cool, ricco di motivi ricorrenti a cui legarsi in maniera feticista – da non essere tratto da un comic book (ma ne ha ispirato uno, nel 2017). Perché è questo il segreto di John Wick: richiama alla mente molto di quel che abbiamo visto ed esperito, ore e ore di visioni e letture che hanno formato il nostro immaginario, ma riesce a essere abbastanza sfrontato e diretto da crearne uno nuovo di zecca, postmodernissimo e generato dal sincretismo di tutto ciò. 

Il primo film della serie era un revenge movie, autoironico ed eccessivo, ma tutto sommato collocabile all’interno di canoni ben definiti. Il secondo capitolo, invece, ha cambiato le regole del gioco. Coreografie mozzafiato, scene action architettate con un gusto per il dettaglio e una volontà di eccedere che guarda dritta all’irraggiungibile cinetica di The Man from Nowhere e The Raid 2, standard moderni del cinema d’azione. Soprattutto una maggiore confidenza con la cosmogonia che ruota attorno a John Wick: gli hotel Continental, le monete che consentono privilegi di vario tipo, le regole del sindacato del crimine e le pene che comporta la loro trasgressione. 

C’è voluto qualche anno prima che la sua aura di cult si depositasse, fino a ottenere il plauso pressoché unanime della critica. Come andare oltre con il terzo capitolo, il primo con una reale aspettativa di fronte a sé?

All’insegna del louder, faster, bigger John Wick 3, forse inevitabilmente, non poteva che garantire di più di tutto. Con mirabile dedizione alla causa, Chad Stahelski mette da parte ogni velleità residua di svolte inattese e mutamenti stilistici. Dalla prima sequenza in avanti comincia la caccia a Wick e la risposta di questi non si fa attendere: crani sfondati, proiettili ovunque, coltelli scagliati, addirittura tomi di biblioteca trasformati in armi letali. Con cameo di vecchie glorie di varie epoche – da Anjelica Huston a Halle Berry – come contorno gustoso. 

L’incredibile è che, nonostante un body count da record (siamo sicuramente oltre il centinaio di vittime) e alcuni eccessi pretestuosi, non si riesca a voler male al personaggio interpretato da Keanu Reeves. Merito di un attore da sempre sottovalutato (e che a 54 anni sfoggia una forma fisica micidiale) e del lavoro carsico compiuto sull’immaginario collettivo (e costantemente richiamato dalla dominante in nero e da Lawrence Fishburne) da Matrix, rimasto icona di una generazione nonostante i debolissimi sequel. 

John Wick non assomiglia affatto a Neo, ma la prima reazione delle nostre sinapsi è quella di associarlo a lui. E di volergli un po’ di bene. Sul piano dei contenuti John Wick 3 dà il suo meglio nei duelli tra Reeves e Mark Dacascos, o quando coinvolge il silat di Yayan Ruhian (già in The Raid); o ancora in un museo di armi risalenti al vecchio West, quando Wick diventa sceriffo, bounty killer e beccamorto in una sola persona. Prima di salire su un cavallo e galoppare tra le strade di New York. 

Suggestiva, ma non del tutto compiuta, la volontà di richiamare la medievale Setta degli Assassini di Hasan ibn al-Sabbah grazie alla sequenza nel deserto del Sahara. Ma il vero senso della serie, oggi, forse sta nella disperata richiesta di privacy e di normalità di Wick, celata sotto la coltre di polvere da sparo. In fondo non fa che sfuggire al destino ineluttabile di una società invasiva, che gli ha appiccicato un’etichetta e non intende consentirgli di rimuoverla. In fondo tutti noi, quando esasperati, siamo un po’ John Wick, no?